Il documentario, realizzato con la collaborazione delle educatrici delle scuole materne di Brescia “Cesare Abba”, “Girolamo Tonini” e “Sorelle Agazzi”, è andato in onda nell’ambito del programma Educazione e Regioni - Infanzia e Territorio di Sergio Le Donne, a cura di Mauro Gobbini (Dipartimento Scuola-Educazione della Rai), con la consulenza di Mario Cattaneo e Franco Frabboni. Le due puntate in cui il filmato è articolato intendono offrire, sulla soglia degli anni Ottanta del XX secolo, alcuni spunti per una attualizzazione del metodo agazziano.
Dopo avere ricordato che tale esperimento educativo aveva preso forma, alla fine dell’Ottocento, a Mompiano (Brescia), grazie all’intraprendenza delle sorelle Rosa e Carolina Agazzi, il regista presenta alcuni motivi ispiratori di quell’iniziativa pedagogica, che, a suo dire, erano alla base anche della scuola materna coeva. Nella puntata d’esordio si analizzano tre tematiche: Il bambino e l’ambiente, La vita pratica e il lavoro manuale e Le attività espressive.
In merito alla prima, si chiarisce che la scuola materna agazziana è “una scuola aperta” e “della piena educazione” poiché non rinchiude le proprie esperienze in un’aula angusta, ma si mette in relazione sia con la famiglia, con la quale cerca di stabilire un rapporto di scambio e collaborazione, sia con l’ambiente sociale nel quale il bambino vive.
A seguire, il documentario si sofferma a riflettere sulla centralità assegnata da quell’indirizzo didattico agli esercizi di vita pratica e al lavoro manuale. Al riguardo, si rammenta che esso può essere definito “il metodo della piena occupazione” poiché sollecita il bambino all’azione, considerata un momento cruciale per formare la fiducia di base e sperimentare l’autonomia.
In merito invece alle attività espressive, si chiarisce che il sistema agazziano privilegia il gioco, come momento di conoscenza e creatività, e, più in generale, tutte le occupazioni che consentono al bambino di esternare le proprie emozioni.
Nella seconda puntata ci si sofferma, invece, sul ruolo rilevante attribuito ai linguaggi simbolici e, in particolare, sull’uso dei contrassegni, definiti coefficienti “di identità e di organizzazione della vita e della comunità infantile” e, dunque, elementi utili a “raggiungere un equilibrio fra l’individualità e la socializzazione del bambino”.
Al termine di questa disamina, che getta luce sull’originalità di alcuni principi educativi alla base dell’indirizzo agazziano, si tenta di illustrare le ragioni per cui tale esperienza, oramai ultraottuagenaria, continuava a suscitare consensi e ad essere oggetto di studi e sperimentazioni in Italia e all’estero. A tale proposito, alle Agazzi viene riconosciuto il merito di avere ideato “un anti-metodo”, ossia un impianto non rigido, ma permeabile ai cambiamenti e, dunque, un insieme di idee e di pratiche che ogni scuola dell’infanzia ha potuto e può facilmente adattare al contesto geografico, sociale e economico in cui si trova
Fonti
F. Frabboni, Zoomata televisiva sul metodo Agazzi. Quando il commento TV ha il sapore del linguaggio pedagogico, in Documentazione sul metodo (ciclostile), Mompiano (Brescia), s.d., pp. 1-2 [Archivio Storico Istituto Pasquali-Agazzi - Brescia]